Serve ancora l’ONU oggi?
- Max RAMPONI

- 2 giorni fa
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Aggiornamento: 2 giorni fa

Domanda fastidiosa. Di quelle che non stanno bene a cena, non fanno carriera e non portano like facili. E proprio per questo vale la pena farla. Serve ancora l’ONU oggi o è diventata una gigantesca macchina di parole che osserva il mondo andare in pezzi mentre prende appunti?
L’ONU nasce nel 1945, quando l’odore dei cadaveri era ancora nell’aria e l’idea di un’altra guerra mondiale faceva davvero paura. Aveva un senso, allora. Regole, equilibri, diplomazia, un tavolo dove parlarsi prima di spararsi. Oggi quel mondo non esiste più. È morto lentamente, soffocato da interessi nazionali, veto incrociati, guerre “difensive” che durano decenni e risoluzioni che nessuno rispetta.
Ogni volta che scoppia un conflitto, il copione è identico. Riunione urgente. Dichiarazioni solenni. Preoccupazione profonda. Appello al dialogo. Poi nulla. I carri armati continuano, le bombe pure. L’ONU resta lì, a certificare l’irrilevanza del diritto internazionale quando incontra un esercito vero.
Il problema non è morale, è strutturale. Un Consiglio di Sicurezza dove chi ha più armi ha anche il diritto di bloccare tutto non è un arbitro: è un condominio con cinque padroni e cento inquilini che pagano e tacciono. Finché una grande potenza può dire “no” e chiudere la partita, parlare di governance globale è una favola per adulti.
Qualcuno obietterà che l’ONU fa molto sul piano umanitario. Vero. Agenzie, missioni, programmi che salvano vite ogni giorno. Ma attenzione: questo non è merito dell’ONU politica, è merito dei tecnici e degli operatori che lavorano nonostante la politica. Il paradosso è tutto lì. Funziona dove non decide. Si inceppa dove dovrebbe contare.
Negli ultimi anni l’ONU è diventata soprattutto un palco. Un luogo dove si costruiscono posizionamenti, non soluzioni. Ogni parola è pesata non per ciò che dice, ma per chi la pronuncia e per chi disturba. I diritti umani vengono evocati come clave o scudi, a seconda della convenienza geopolitica del momento. Nessuno è innocente, nessuno è coerente.
E così l’ONU scivola sempre più lontano dalle persone comuni. Per molti non è più un’istituzione credibile, ma un acronimo distante, associato a conferenze inutili e indignazioni selettive. Quando un organismo internazionale perde autorevolezza, non la recupera con altri comunicati stampa. La perde e basta.
A questo punto la domanda non è più se l’ONU serva, ma a chi serve. Serve ai governi per dire di aver “fatto qualcosa”. Serve per lavarsi la coscienza diplomatica. Serve come alibi collettivo: “abbiamo condannato”. Bene. Intanto la guerra va avanti. Abolirla non sarebbe una soluzione. Ma nemmeno fingere che funzioni lo è. La verità scomoda è che l’ONU è un organismo progettato per un mondo che non esiste più, tenuto in vita da un mondo che non ha il coraggio di cambiarlo. Riformarla davvero significherebbe togliere potere a chi non ha alcun interesse a farlo. Quindi non accadrà.
Serve ancora l’ONU oggi? Forse sì, come idea. Ma come struttura reale è sempre più una scenografia istituzionale: luci accese, microfoni funzionanti, decisioni ferme. Un teatro dove si recita la parte della comunità internazionale mentre ognuno continua a farsi i fatti propri. E allora diciamolo senza ipocrisia: un’ONU che non può fermare le guerre, ma solo raccontarle, non è un garante della pace. È il bollettino ufficiale del fallimento globale. E il problema non è che l’ONU non funzioni. Il problema è che al mondo va benissimo così.







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