NATO, UE e Russia: come nasce una fake news sulla “guerra imminente”
- Max RAMPONI

- 3 giorni fa
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Negli ultimi giorni si è diffusa con forza l’idea che la NATO e l’Unione Europea abbiano “voglia di guerra” e che l’Europa si stia preparando a un conflitto diretto con la Russia. Questa narrazione viene attribuita a presunte dichiarazioni del segretario generale della NATO, Mark Rutte, ed è stata rilanciata da blog e commentatori con toni allarmistici. Il problema, tuttavia, è semplice e allo stesso tempo grave: quelle affermazioni, così come vengono presentate, non trovano riscontro nei fatti.
Mark Rutte non ha mai dichiarato che l’Europa debba prepararsi alla guerra nel senso di volerla o di considerarla inevitabile. Nei suoi interventi ufficiali ha parlato di sicurezza europea, di deterrenza e della necessità di rafforzare le capacità difensive della NATO in un contesto geopolitico segnato dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni con la Russia. Si tratta di un linguaggio tecnico, tipico della diplomazia e della strategia internazionale, che non coincide in alcun modo con una chiamata alle armi. Trasformare un’analisi sulla prevenzione dei conflitti in una volontà bellica è una forzatura che altera il significato delle parole.
Il meccanismo con cui nasce questa fake news è ormai ricorrente. Si prende un concetto complesso come la deterrenza militare, lo si priva del contesto, lo si semplifica fino a renderlo emotivamente esplosivo e lo si restituisce al pubblico sotto forma di slogan. In questo passaggio, “rafforzare la difesa” diventa “prepararsi alla guerra” e “riconoscere un rischio” si trasforma in “desiderare il conflitto”. Non è informazione, è costruzione narrativa.

A rendere questa narrazione ancora più efficace interviene l’uso sistematico dell’emotività. I riferimenti ai figli, ai nonni, ai bisnonni e alla memoria delle guerre passate hanno un forte impatto sul lettore, ma non aggiungono alcun elemento di verità all’argomentazione. Nessun leader europeo ignora cosa significhi una guerra su larga scala con la Russia. Proprio per questo il dibattito ufficiale ruota attorno alla prevenzione, alla diplomazia e alla dissuasione, non alla ricerca dello scontro armato.
In questo contesto vengono spesso evocati anche i movimenti pacifisti del passato, come se la loro assenza dalla scena pubblica fosse una prova di una deriva bellicista. Ma la pace non è una coreografia simbolica né un rito da piazza. È un equilibrio complesso che richiede negoziati, credibilità internazionale e, piaccia o no, anche la capacità di difendere i propri confini. Ridurre la politica estera a una contrapposizione tra pacifisti e guerrafondai significa semplificare la realtà fino a renderla irriconoscibile.
La chiusura rassicurante, che richiama il buon senso nazionale e la Costituzione italiana, completa il quadro retorico. Tuttavia, la Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa, non invita a ignorare i rischi geopolitici né a negare l’esistenza di tensioni internazionali. La diplomazia non funziona per proclamazioni e non si rafforza attraverso la diffusione di notizie non verificate.
Il punto centrale, dunque, non è stabilire chi abbia ragione sul piano politico, ma riconoscere che si sta costruendo una guerra nel racconto prima ancora che nella realtà. Ogni giorno circolano contenuti che parlano di una guerra NATO-Russia imminente, di escalation inevitabili e di decisioni già prese. Nessuna di queste affermazioni è supportata da fonti ufficiali verificabili. Si tratta di allarmismo che sfrutta la paura per ottenere visibilità.
La guerra reale è una tragedia che non ha bisogno di essere evocata a colpi di slogan. Quella raccontata attraverso attribuzioni false e semplificazioni emotive è una fake news ben confezionata, tanto più pericolosa quanto più appare ragionevole. Difendere la pace significa prima di tutto difendere i fatti, perché senza verità non esiste né diplomazia né buon senso.







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