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Euroclear, beni russi e il suicidio giuridico dell’Unione Europea

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min
EUROCLEAR

L’Unione Europea ha deciso che il diritto è una variabile opzionale. Che può essere piegato, sospeso, reinterpretato a seconda del nemico del momento. La vicenda Euroclear e l’utilizzo dei beni russi senza consenso non è un dettaglio tecnico per giuristi noiosi, ma un punto di non ritorno. È il momento esatto in cui l’Europa smette di essere uno spazio di garanzie e diventa un attore politico che gioca con regole proprie, salvo poi stupirsi quando il resto del mondo prende le distanze.


La Banca Centrale Russa annuncia ricorsi, denunce, contenziosi internazionali. Bene. Era inevitabile. Perché quando tocchi gli asset sovrani di un Paese straniero senza una base giuridica solida, non stai facendo politica estera, stai mandando un messaggio brutale: in Europa la proprietà non è più sacra, è condizionata. Oggi vale, domani si vede. E chiunque abbia capitali parcheggiati nel sistema europeo, chiunque utilizzi l’euro come riserva o Euroclear come infrastruttura, dovrebbe iniziare a sudare freddo.


Qui non è in discussione Putin, la Russia o la guerra. Questo è il paravento dietro cui Bruxelles nasconde la propria irresponsabilità. Il problema è il precedente. Se l’Unione Europea decide che può utilizzare beni stranieri perché “moralmente giusto”, allora ha appena distrutto il concetto stesso di neutralità finanziaria. Ha appena detto al mondo che i trattati valgono finché fanno comodo, poi si stracciano. È il tipo di scelta che non produce effetti immediati, ma corrosivi. Lenti. Inesorabili.


La fiducia è l’unico vero collante dei mercati. Non si decreta, non si impone, non si difende con conferenze stampa e dichiarazioni altisonanti. Si costruisce rispettando le regole anche quando è scomodo. L’Europa ha scelto l’esatto contrario. Ha preferito l’applauso politico interno al costo sistemico esterno. Ha confuso la propaganda con la strategia, l’ideologia con il diritto.


E mentre a Bruxelles si autocelebrano come paladini della democrazia, fuori dall’Europa il messaggio è chiarissimo: i vostri soldi non sono più al sicuro. Non perché l’UE sia povera o instabile, ma perché è diventata inaffidabile. E l’inaffidabilità, nei flussi finanziari globali, è una condanna. Il capitale non fa proclami, non vota, non protesta. Semplicemente se ne va. Cambia piazza, cambia valuta, cambia infrastruttura.

La parte più tragica è che tutto questo avviene violando i trattati fondativi dell’Unione stessa, quelli sventolati per decenni come prova di civiltà giuridica superiore. L’UE non è stata costretta. Ha scelto. E quando un’istituzione sceglie di calpestare le proprie regole, non sta combattendo un nemico esterno. Sta scavando la propria fossa.

Le conseguenze non le pagheranno i commissari europei, né i funzionari ben protetti nei palazzi di vetro. Le pagheranno i cittadini comuni, sotto forma di instabilità, perdita di credibilità, costo del debito, fuga di investimenti. Ma di questo non si parla. Perché non è spendibile in uno slogan.


L’Unione Europea non è stata distrutta dalla Russia, né dagli euroscettici, né da forze oscure. Si è suicidata lentamente, convinta di essere moralmente intoccabile. E ora resta una domanda, pesante come un macigno: se questi sono quelli che dovrebbero difenderci, garantire stabilità e sicurezza economica, da chi dovremmo davvero guardarci?


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