Privacy Policy Cookie Policy
top of page

Gallarate oltre la piazza: quando i commenti raccontano il Paese

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 30 nov
  • Tempo di lettura: 3 min
REMIGRAZIONE

Quando ho letto l’articolo di VareseNews sulla manifestazione a Gallarate ho preferito non scrivere subito. Solo qualche ora fa avevo pubblicato un mio pezzo sugli stessi fatti, convinto che avrei lasciato la questione lì, almeno per un po’. Non immaginavo di tornarci così presto, e invece sono stato smentito: mai dire mai. Ho scelto di lasciar macerare la notizia per qualche ora, come si fa con certi vini che hanno bisogno di respirare per mostrare davvero ciò che hanno dentro. E ci sono tornato a fine serata, con la calma stanca di chi osserva il Paese da lontano e vuole capire cosa resta dopo l’onda iniziale.


Il risultato è questo articolo, non schierato e non ideologico, nato dal bisogno di capire come un tema complesso come immigrazione, remigrazione e sicurezza venga inghiottito dall’arena emotiva dei social. Perché i commenti sotto il pezzo di VareseNews non parlano solo della piazza di Gallarate: parlano dell’Italia intera. Sono una radiografia involontaria della nostra psicologia collettiva, di come reagiamo alla paura, alla rabbia, all’incertezza. Lì dentro non c’è un dibattito, c’è una guerra di specchi: ognuno vede l’altro come minaccia, ognuno parla da una trincea invisibile.


Chi grida “onore”, chi parla di “sinistri”, chi replica con “fascistoidi”, chi elenca criminalità e degrado, chi risponde con sarcasmo, chi invoca la remigrazione come panacea di ogni male, chi ricorda che la legalità vale per tutti, chi ribatte che “l’Italia è nostra”, chi controbatte che “l’Italia è di tutti” e chi, semplicemente, insulta per sentirsi vivo. Osservando questi commenti si capisce subito che non è una questione di destra o sinistra: è una questione di linguaggio.


La polarizzazione ormai è automatica, quasi meccanica. Basta una parola come “immigrazione” per far saltare il fusibile nazionale. I social amplificano tutto: l’identità diventa tifo, la paura diventa slogan, la complessità diventa una rissa da bar digitale in cui nessuno cerca di capire davvero l’altro. Il punto non è chi ha ragione: il punto è che nessuno ascolta più. La remigrazione, evocata come soluzione semplice, diventa un termine elastico che ciascuno riempie come vuole: per alcuni è ordine, per altri è deportazione, per altri ancora è un mantra identitario. Ma nei commenti si capisce una cosa che vale più di qualunque schieramento: l’Italia non sta discutendo dell’immigrazione, sta discutendo di sé stessa. Le frasi più dure, le battute più velenose, gli slogan più feroci non parlano degli altri, parlano dell’ansia di chi li scrive. Parlano di un Paese che non sa più distinguere tra sicurezza e percezione, tra legalità e appartenenza, tra opinione e sfogo. Un Paese che si sente minacciato anche dalla propria ombra e che usa l’immigrato come schermo su cui proiettare ogni frustrazione.


Osservando Gallarate attraverso le parole dei suoi commentatori, si scopre che l’immigrazione è solo il pretesto: ciò che brucia davvero è la sensazione di non contare niente, di non avere voce, di non essere ascoltati da nessuno. E allora lo spazio digitale diventa sfogo, catarsi, confessionale e tribunale insieme. Non c’è niente da condannare o assolvere: c’è solo da riconoscere che la discussione pubblica è diventata un grande cortocircuito emotivo. Alla fine resta una domanda che non riguarda Gallarate, né VareseNews, né la destra né la sinistra: cosa succede a un Paese quando un tema serio come l’immigrazione diventa il ring su cui sfogare tutto il resto? Forse succede questo: che il problema non è chi arriva, ma come ne parliamo. E che prima di discutere di remigrazione dovremmo capire perché la nostra conversazione nazionale è diventata un campo minato in cui nessuno cammina, tutti corrono e ognuno cerca un nemico più comodo dell’altro.


Commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione
LOGO

maxramponi.it NON è una testata giornalistica. Ai sensi della Legge n. 62 del 7 marzo 2001, il sito non rappresenta una testata editoriale e non ha carattere periodico. I contenuti vengono pubblicati senza periodicità predefinita e non costituiscono prodotto editoriale ai sensi della legge.

CONTATTI | MANIFESTO | SEGNALA UN ARTICOLO | INSCRIVITI ALLA NEWSLETTER | I MIEI LIBRI | FAQ

© 2025 maxramponi.it | Tutti i diritti riservati | Sito web: www.maxramponi.it

FAKE FREE

SEGUICI SUI SOCIAL:

  • Facebook
  • Instagram
  • X

Le immagini pubblicate su questo sito provengono in larga parte dal web e sono state ritenute di pubblico dominio. Qualora i soggetti o gli aventi diritto avessero obiezioni alla loro diffusione, possono contattare la redazione: provvederemo alla rimozione immediata dei contenuti segnalati.

bottom of page