Castano Primo, polo logistico e comunicazione istituzionale: una riflessione dopo le dichiarazioni sulla stampa locale
- Max RAMPONI

- 2 giorni fa
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Scrivo questo articolo come cittadino, non come rappresentante politico né come parte direttamente coinvolta nella vicenda. Non intendo denigrare persone, ruoli o istituzioni, né attribuire intenzioni che non siano quelle esplicitamente espresse nelle dichiarazioni pubbliche. Mi limito a osservare e commentare il linguaggio utilizzato nel dibattito politico locale, esercitando il diritto di critica e di libera espressione. Scrivere un blog, analizzare comunicazioni ufficiali e riflettere sul rapporto tra amministrazione e cittadini non è un reato, ma una pratica legittima in una società democratica. Questo spazio nasce per favorire un confronto civile e consapevole, non per alimentare scontri o polemiche personali.
Prima di entrare nel merito di questa riflessione è necessario chiarire il contesto editoriale in cui si colloca. Il tema del polo logistico a Castano Primo è già stato affrontato in due articoli distinti pubblicati su questo blog. Nel primo, Castano Primo e il polo logistico: riepilogo di una vicenda complessa e riflessioni sulla comunicazione, ho ricostruito i fatti e le principali tappe della vicenda, con l’obiettivo di mettere ordine in un percorso articolato e spesso frammentato. Nel secondo, Castano Primo e il polo logistico: analisi critica sulla gestione dell’amministrazione comunale, ho proposto una lettura più diretta dell’azione amministrativa, concentrandomi sulle modalità con cui il progetto è stato gestito. Questo nuovo articolo non ripercorre quei contenuti e non ne rappresenta una sintesi. Si colloca su un piano diverso e nasce in reazione alle recenti dichiarazioni dell’amministrazione comunale apparse sulla stampa locale.

L’oggetto di questa riflessione non è il progetto del polo logistico in sé, né la sua opportunità, ma il modo in cui viene raccontato e difeso nello spazio pubblico. In particolare, il linguaggio utilizzato per rispondere alle critiche e alle preoccupazioni sollevate dalle opposizioni e da parte della cittadinanza. Colpisce il fatto che il confronto venga spostato rapidamente dal piano delle questioni a quello delle intenzioni. Le critiche non vengono solo respinte, ma reinterpretate come ricerca di consenso facile o come strumentalizzazione politica. In questo modo, il dissenso non viene più trattato come una posizione da discutere, ma come un comportamento da valutare.
Questo spostamento ha conseguenze evidenti sul dibattito pubblico. Quando l’attenzione si concentra sulle motivazioni presunte di chi pone domande, il merito delle domande stesse tende a passare in secondo piano. Temi come l’impatto sul territorio, la viabilità, il consumo di suolo, le ricadute ambientali o la qualità della vita a Castano Primo faticano a trovare spazio, perché il confronto viene ricondotto a una dinamica di contrapposizione tra chi governa e chi critica, più che a un’analisi condivisa delle scelte possibili.
Parallelamente, il progetto viene descritto come un’ipotesi di sviluppo ancora da valutare, un percorso aperto, un processo che richiederà ulteriori approfondimenti. Dal punto di vista amministrativo si tratta di una posizione comprensibile, che richiama prudenza e metodo. Sul piano della comunicazione, però, questa impostazione produce un effetto preciso: rende difficile un confronto concreto nel presente. Se tutto è ancora da definire, ogni preoccupazione può essere facilmente considerata prematura. Se ogni decisione è rimandata a una fase successiva, il dibattito rischia di restare sospeso in una dimensione astratta.
È in questo spazio che emerge una distanza che va oltre il singolo progetto. Da un lato c’è il linguaggio dell’amministrazione comunale, costruito attorno a procedure, responsabilità e visione complessiva. Dall’altro c’è il linguaggio dei cittadini e delle opposizioni, più legato all’esperienza diretta del territorio e alle conseguenze quotidiane delle trasformazioni urbanistiche. Non si tratta di stabilire chi abbia ragione, ma di riconoscere che questi due piani comunicativi non sempre riescono a dialogare tra loro.
Quando questa distanza non viene riconosciuta, ma viene ridotta a un problema di consenso o di opportunismo politico, il rischio non è lo scontro immediato, ma una progressiva perdita di fiducia. Il confronto resta formalmente aperto, ma diventa meno efficace. Si diffonde la percezione che il dialogo sia più una gestione del dissenso che un’occasione di ascolto reale. È un processo silenzioso, che non produce rotture evidenti, ma che nel tempo incide sul rapporto tra istituzioni e cittadinanza.
Questa riflessione non intende mettere in discussione la legittimità dell’azione amministrativa né attribuire responsabilità personali. Intende semplicemente osservare come il linguaggio utilizzato nello spazio pubblico contribuisca a costruire, o ad ampliare, la distanza tra chi governa e chi vive il territorio. Governare significa anche comunicare, e comunicare non è solo difendere le proprie scelte, ma accettare che le domande facciano parte del processo, anche quando risultano scomode.
Il tema, quindi, non è soltanto il polo logistico a Castano Primo, già affrontato in precedenza sotto altri profili. È il rapporto tra amministrazione comunale, opposizioni e cittadini. Ogni volta che il confronto si sposta dalle questioni alle intenzioni, quel rapporto si indebolisce. Ogni volta che il linguaggio istituzionale sostituisce il dialogo, si crea una distanza che non è immediatamente visibile, ma che nel tempo diventa strutturale. Senza polemica e senza retorica, questa è la riflessione che nasce leggendo le dichiarazioni sulla stampa locale e osservando come il dibattito pubblico venga oggi gestito.






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