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Matteo Salvini e l’arte di non costruire: il ministro delle Infrastrutture sospeso tra annunci e nostalgie del Viminale

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 13 nov
  • Tempo di lettura: 5 min

SALVINI

La porta del Ministero delle Infrastrutture si apre su un uomo che parla molto di opere e ne inaugura poche, un ministro che sembra vivere questo incarico come un lungo corridoio che porta altrove. Matteo Salvini, oggi titolare del MIT, conserva infatti una costante nostalgia del Viminale. Lo si intuisce dal tono, dai temi scelti, dai riflessi comunicativi che emergono puntuali quando i dossier tecnici diventano ingombranti. E proprio qui nasce la domanda che orienta questo articolo: il suo operato alle Infrastrutture è all’altezza delle promesse o siamo di fronte a un ministro sostanzialmente inconcludente?


Per rispondere occorre fare ciò che raramente si fa nel dibattito pubblico: guardare i numeri, valutare gli avanzamenti reali, distinguere gli annunci dalle opere effettive. E qui il quadro comincia a farsi più opaco. L’“Allegato Infrastrutture 2025”, documento programmatico del MIT, elenca strategie, priorità, fabbisogni e mappe del Paese che vorremmo. Ma, di fatto, molte delle opere elencate sono ancora nella fase “di programmazione”, non di realizzazione. È un Paese di progetti annunciati, non di cantieri. Fonti indipendenti come il Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti confermano la stessa impressione: tanta pianificazione, poca esecuzione. La distanza tra euforia comunicativa e avanzamento fisico dei lavori è evidente.

Il caso simbolico è il Ponte sullo Stretto di Messina. Salvini lo ha elevato a bandiera della sua concretezza amministrativa. Eppure, a oggi, il progetto non ha cantieri aperti. L’aumento dei costi stimati (dal progetto originario a una forbice più ampia e incerta) e la mancanza di un cronoprogramma realmente operativo lo collocano nel regno delle promesse storiche italiane. La sua utilità può essere dibattuta; la sua esistenza fisica, almeno per ora, no: non c’è. Un’opera che dovrebbe definire il profilo di un ministro delle Infrastrutture rimane un titolo di giornale.

Passando ai trasporti, il quadro non migliora. Sul fronte ferroviario, la rete alta velocità continua a crescere lentamente. I problemi principali restano le tratte regionali, che rappresentano la vita quotidiana del Paese reale e sulle quali non si registra un salto di qualità significativo. L’ultimo rapporto ANSFISA mostra criticità persistenti sulla manutenzione e sulla sicurezza della rete secondaria, senza interventi di portata sistemica. Anche il trasporto aereo mostra più ombre che luci: gli investimenti aeroportuali avanzano a macchia di leopardo, senza una visione di lungo periodo capace di coordinare le scelte infrastrutturali con i flussi turistici e commerciali. L’Italia vola, ma non decolla.


La sicurezza stradale merita un capitolo a sé. Secondo il rapporto congiunto ACI–ISTAT, nel 2024 gli incidenti stradali con lesioni sono aumentati del 4,1% rispetto all’anno precedente, mentre i morti sono diminuiti solo dello 0,3%. A fronte di questi dati, il ministero ha diffuso comunicati più ottimistici, ma basati su un perimetro limitato, privo delle segnalazioni delle polizie locali che rappresentano oltre il 60% dei rilievi. Una discrepanza che ha portato associazioni di settore e osservatori indipendenti a segnalare che i conti, semplicemente, non tornano. È un dettaglio tecnico, ma anche politico: chi guida un dicastero così pesante non può permettersi zone d’ombra nei numeri.


Fin qui, il piano infrastrutturale. Ma c’è un secondo livello — quello comunicativo — che influenza profondamente il primo. Ogni volta che le questioni tecniche si fanno ingombranti, Salvini ricorre a un espediente noto: cambia tema. E il tema che sceglie è sempre lo stesso: migranti, islam, identità nazionale. È un pattern osservabile: all’emergere di criticità su dossier complessi (PNRR, RFI, ANAS, portualità), la conversazione pubblica viene spostata sui “pericoli” esterni. Il punto non è negare il diritto di un politico a parlare di immigrazione; è rilevare come questo diventi un meccanismo di aggiramento delle responsabilità amministrative.

Il dato sugli sbarchi è emblematico. Al netto delle oscillazioni stagionali e geopolitiche, negli ultimi trimestri gli arrivi hanno mostrato un calo significativo rispetto ai picchi del passato recente. Ma la narrazione del “Paese sotto assedio” continua identica. Lo stesso vale per la questione del presepe: ciclicamente evocata, ciclicamente priva di riscontri. Le comunità migranti non hanno mai rappresentato una minaccia per la tradizione, né mostrato interesse nel farlo. È un argomento simbolico, utile a generare rumore quando la realtà delle infrastrutture richiede silenzio, tecnica, studio, lavoro.

Il problema politico di fondo è questo: l’Italia ha bisogno di un ministro delle Infrastrutture che si dedichi alle infrastrutture. Che presidi i cantieri, che verifichi i cronoprogrammi, che metta ordine tra i mille rivoli dei finanziamenti pubblici. Un ministro che faccia il ministro, non il candidato permanente a un’altra carica. Perché il sospetto che Salvini viva il MIT come un passaggio obbligato verso il suo ritorno al Viminale non è solo suggestione: è una conclusione logica osservando le priorità comunicative, i temi trattati, le energie spese.

Questo articolo non vuole stabilire cosa Salvini sia in assoluto, ma cosa risulta dalla sua gestione: tante parole, pochi risultati strutturali, molta comunicazione identitaria utilizzata come cortina fumogena quando i dati si fanno ostici. È una fotografia di metodo, non un attacco personale.


L’Italia aspetta ancora un ministro capace di parlare meno e costruire di più. E questa, oggi, è la distanza che separa Matteo Salvini dai compiti del suo ruolo: un distacco che si misura nei ponti che non iniziano, nei treni che non migliorano, nei porti che non si modernizzano, nelle relazioni tecniche che continuano a raccontare un Paese sospeso.


Ed è in questo spazio, tra ciò che annuncia e ciò che realizza, che si forma il profilo del ministro delle Infrastrutture inconcludente.

📌 Fonti e Riferimenti Articolo Matteo Salvini

ACI–ISTAT – Incidenti stradali in Italia 2024 Rapporto ufficiale sull’andamento di incidenti, feriti e vittime nel territorio nazionale.

MIT – Comunicato su incidentalità stradale (ottobre 2025) Nota del Ministero con dati parziali non comprendenti i rilievi delle Polizie Locali.

ANCI Digitale – Analisi incidenti stradali 2024 Approfondimento che evidenzia le discrepanze tra i dati MIT e quelli completi ACI–ISTAT.

Allegato Infrastrutture 2025 – MITDocumento programmatico su strategie, fabbisogni e stato delle opere infrastrutturali italiane.

Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti (CNIT) – Edizione 2023–2024 Quadro aggiornato sugli investimenti e sulla situazione della mobilità e dei trasporti.

ANSFISA – Report sulla sicurezza delle reti ferroviarieAnalisi delle criticità persistenti nelle linee regionali e secondarie.

SILOS – Stato di attuazione delle infrastrutture prioritarie (Luglio 2025) Rapporto tecnico sull’avanzamento reale dei progetti infrastrutturali e del PNRR.

Ponte sullo Stretto di Messina – Documentazione tecnica e iter progettuale Dati aggiornati su costi, stato progettuale e assenza di cantieri attivi.

Sistema portuale italiano – Analisi 2024–2025 Dossier che evidenzia disomogeneità negli investimenti e assenza di pianificazione strategica unitaria.

Ministero dell’Interno – Cruscotto statistico sugli sbarchi Numeri ufficiali che confermano la diminuzione degli arrivi rispetto ai picchi recenti.

Osservatori indipendenti – Analisi sull’uso politico del tema migratorio Studi che documentano la ricorrenza di narrative identitarie come diversivo comunicativo.

✍️ Testo e analisi di Max Ramponi

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