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CONSIGLIO COMUNALE: una seduta lunga, intensa e sorprendentemente rivelatrice

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 27 nov
  • Tempo di lettura: 6 min

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Il video del Consiglio Comunale del 25 novembre non l’ho visto in diretta. La sera del 25 ero impegnato e mi è sfuggita la trasmissione in streaming. Così mi sono tenuto libera la sera successiva, deciso a guardarlo dall’inizio alla fine per farmi un’idea chiara di ciò che era accaduto. Quando ho aperto YouTube e ho visto che il video durava quasi tre ore, mi sono detto che sarebbe stata una serata breve: venti minuti di bilanci, dieci di regolamenti, cinque di sbadigli e poi letto. E invece no. È stata una maratona. Una di quelle che non avevo programmato. Una serie di colpi di scena amministrativi, vibrazioni politiche e improvvise tensioni emotive che mi hanno tenuto sveglio fino alle due di notte. Una seduta che, nel suo modo tutto particolare, ha saputo essere più imprevedibile di una serie Netflix, più complessa di una trama noir e più umana di qualsiasi talk show.


Prima di raccontare ciò che ho visto, una precisazione necessaria. Io sono un blogger indipendente. Il mio blog non è affiliato, vicino, simpatizzante o legato a nessun partito. Non ho linee da seguire, bandiere da sostenere o strutture da compiacere. Proprio per questo posso commentare un Consiglio Comunale pubblico — trasmesso online, aperto ai cittadini, registrato — senza dover rendere conto a nessuno. Non voglio denigrare, non voglio attaccare, non voglio giudicare le persone. Voglio raccontare cosa ho visto: toni, ritmi, dinamiche, tensioni, convergenze, equilibri e squilibri. E quando do un voto alla serata non è una condanna: è un’opinione civica, un commento legittimo su ciò che accade nella mia città. Un voto non ferisce nessuno. Un voto descrive.


La seduta del Consiglio Comunale del 25 novembre si apre con una compostezza quasi ascetica, un silenzio che sembra sospendere l’aria mentre si ricorda la Giornata contro la violenza sulle donne. L’atmosfera è tesa, ma nel senso buono del termine: attenta, rispettosa, senza le vibrazioni che arriveranno più tardi. L’appello è rapido, i verbali vengono approvati senza inciampi, e per un attimo si ha la sensazione che la serata seguirà un ritmo ordinato, quasi prevedibile.


Poi inizia il blocco tecnico del Consiglio Comunale: l’assestamento di bilancio 2025–2027. La voce della dottoressa Fasulo, collegata da remoto, è chiara e metodica. Illustra entrate, conguagli, componenti perequative, imprevisti legati ai minori in comunità, fondi vincolati e quelli disponibili. È la parte della politica che non fa rumore, ma che tiene in piedi il resto. Le opposizioni intervengono con domande puntuali e prive di aggressività. La maggioranza risponde in modo tecnico e lineare. È un momento raro: un pezzo di amministrazione che funziona, dove la politica si ritira e lascia spazio ai numeri.


Il punto successivo, l’IMU 2026, porta la stessa sensazione di stabilità. Nessuna modifica alle aliquote, nessun aumento, nessun azzardo. Una linea prudente condivisa senza fatica. La votazione scorre liscia, quasi naturale. Se la serata fosse finita qui, nessuno avrebbe avuto nulla da dire.


Ma la politica ha sempre un punto di rottura. E in questo Consiglio Comunale arriva con il regolamento dell’asilo nido. È un punto che non dovrebbe incendiare la sala, ma che porta con sé memorie recenti: famiglie escluse, punteggi contestati, criteri percepiti come ingiusti. Le opposizioni chiedono spiegazioni sulle fasce d’età, sull’ordine delle priorità, sulle nuove modalità di calcolo. La maggioranza risponde, ma qualcosa nel tono si incrina. Non è ancora scontro, ma è la prima crepa. È come una corda tesa che comincia a gemere.


La mozione sull’illuminazione dei sottopassi ciclopedonali, pur essendo semplice e di buon senso, genera un primo scarto politico. L’opposizione chiede interventi chiari e rapidi, la maggioranza ribatte che esistono già progetti in corso. Il voto contrario della maggioranza non è un dramma, ma rompe la continuità. È un segnale silenzioso: la serata non sarà più in discesa.


E poi arriva la mozione che cambia il volto della seduta: quella sul profilo social falso. Basta guardare il video per vedere l’atmosfera mutare. Il tono diventa più tagliente, gli interventi più lunghi e densi di riferimenti storici, episodi pregressi, dinamiche irrisolte. Non si superano i limiti dell’offesa personale, ma la vibrazione emotiva è evidente. Il Consiglio Comunale non sta più discutendo solo un punto tecnico: sta metabolizzando una storia sotterranea.


E nel pieno del dibattito, l’episodio che segna la serata: un cittadino, dalla platea, lancia un insulto all’amministrazione. Una frase breve, secca, che taglia la sala come una lametta. Il Sindaco interviene immediatamente, invita la persona a lasciare l’aula e ripristina l’ordine. È un attimo breve ma decisivo: la sala si incrina. Da lì in avanti, la fluidità del dibattito non torna più. I tempi si allungano, le voci si sovrappongono, gli interventi più lunghi, le repliche più tese.


Poi si arriva alla mozione sul codice etico. E qui va chiarito ciò che la trascrizione conferma: è l’opposizione a respingere l’idea, non la maggioranza. La proposta nasce con l’intenzione di creare un terreno comune, ma non trova terreno fertile. Gli interventi dell’opposizione mostrano scetticismo, dubbi sul senso, sulle implicazioni, sulla reale utilità di un codice formale. La maggioranza ascolta, ma l’esito è inevitabile: la mozione non passa. Non c’è caos, ma c’è dissonanza.


Ed eccoci alla mozione su Malpensa, che nella versione precedente era stata riassunta male. Qui invece succede una cosa rara:si trovano punti comuni.Vengono proposti emendamenti, discussi, limati, chiariti. Si lavora sul testo, non sulle persone. E alla fine, il Consiglio Comunale fa qualcosa che non capita spesso: vota all’unanimità una mozione importante, su un tema enorme e concreto. È un momento di ossigeno nella sala: una tregua, un segnale politico forte, un “almeno su questo siamo tutti dalla stessa parte”.


L’interpellanza sui furti, pur essendo un tema molto sentito dai cittadini, si svolge in una sala ormai svuotata emotivamente. Le domande sono chiare, le risposte tecniche e lineari, ma il clima resta pesante, come se tutto fosse già accaduto e questa fosse solo una coda inevitabile della serata. Le comunicazioni finali del Sindaco chiudono la seduta con ordine, ma l’impressione generale rimane quella di una serata che ha cominciato in salita e ha finito in apnea.


...


Arrivati all’ultima riga del video del Consiglio Comunale del 25 novembre, dopo quasi tre ore di respirazioni incomplete, di accelerazioni improvvise e di piccoli lampi di lucidità istituzionale, rimane un’impressione chiara: un’assemblea pubblica, quando la guardi dall’esterno, rivela sempre molto più di ciò che dichiara. Non le persone — quelle, lo ripeto, restano fuori da questo giudizio — ma gli strati: la qualità amministrativa, il tono politico, la tenuta emotiva, la capacità o l’incapacità di essere comunità anche quando si litiga. Per restituire tutto questo, i voti non sono giudizi morali, ma coordinate narrative. Servono per orientare, non per condannare.


Il livello tecnico-amministrativo si prende un 7 senza esitazioni. È la parte più stabile della serata: relazioni chiare, numeri spiegati con precisione, risposte adeguate alle domande. Se tutto il Consiglio Comunale fosse stato così, avremmo assistito a un esempio quasi da manuale.


Il livello istituzionale, però, si sdoppia: 6,5 nella prima metà, quando i toni sono misurati, il dialogo è corretto, le differenze politiche scorrono senza far rumore; 4,5 nella seconda metà, quando la mozione sul profilo social apre un varco emotivo che la sala non riesce a richiudere. Non si tratta di colpe, ma di equilibri instabili. La politica locale vive di memoria, di ferite piccole e persistenti, di allusioni che solo chi frequenta quella stanza può comprendere davvero.


La gestione dell’aula — un ruolo sempre complesso — merita un 7. L’episodio del cittadino che insulta l’amministrazione è gestito con fermezza e tempestività. In un momento così delicato, l’autorità non ha tremato, e questo conta.


La cooperazione politica presenta due facce: un 5 nella fase centrale, quando i fronti sono più rigidi e meno inclini alla convergenza; un 8 nella mozione Malpensa, dove accade qualcosa che la politica locale non regala spesso: una tregua, un accordo, una unanimità costruita limando il testo, ascoltando, mediando. È un attimo di maturità collettiva che pesa più delle parole pronunciate in precedenza.


La leggibilità democratica, invece, resta a 5,5. Non per mancanza di chiarezza, ma per la difficoltà, talvolta, di seguire il filo quando l’emotività prende spazio. Un cittadino che guarda il video deve fare uno sforzo per non perdersi nelle sovrapposizioni, nelle lunghezze, negli scarti di tono. Sommandoli tutti, i parametri compongono un voto finale aritmetico di 6,21. E traducendo il numero nella sua forma narrativa — quella che tiene conto delle vibrazioni, delle crepe, dei picchi, dei ritorni — la serata del Consiglio Comunale si porta a casa un 6+. Sufficienza piena, con qualche momento di buona politica e qualche inciampo che non può essere ignorato. Una seduta imperfetta, viva, umana. Una serata che non assolve e non condanna, ma racconta una città così com’è: complessa, un po’ nervosa, abbastanza coraggiosa da mostrarsi senza filtri.


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