Castano Primo e l’amministrazione Colombo: tra inno, passerelle e le vere questioni rimaste sul tavolo
- Max RAMPONI

- 13 nov
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 14 nov

Castano Primo non è Tripoli nel 1975, né la capitale di qualche dinastia ereditata per diritto divino, e non è nemmeno una branca alpina della Corea del Nord. È un comune lombardo, tranquillo, operoso, dove la gente si aspetta che il sindaco lavori, non che fondi una nuova religione civile. Eppure, sin dai primi giorni del suo mandato, il Sindaco Colombo ha imboccato una strada curiosa, quasi teatrale: quella del simbolismo. E il simbolo, come ogni leader con velleità di lasciare il segno, è arrivato subito, limpido come un monumento al proprio ego: l’inno di Castano.
Non un progetto, non un piano regolatore, non un intervento sulle criticità già note — un inno. Ed è stato presentato con la serietà che si riserva alle costituzioni o alle rivoluzioni. Al punto da introdurre una liturgia che, per Castano, non s’era mai vista: all’inizio di assemblee e incontri pubblici, tutti in piedi, quando parte la musica. Una scena che in pochi secondi ti porta dalla sala civica di un comune di 11.000 abitanti alle coreografie obbligatorie di Pyongyang.
La cosa buffa — o tragica, dipende da come la guardi — è che questo inno potrebbe anche essere stato oggetto di una delibera o di un atto formale, come qualcuno che frequenta gli uffici sa e riferisce. Ma questo non cambia la sostanza: la comunicazione è stata talmente confusa e sgraziata da rendere qualsiasi formalità un dettaglio. L’inno è stato imposto più come gesto simbolico che come scelta condivisa, una trovata da piccolo condottiero locale convinto che l’identità di un paese nasca per decreto musicale. E mentre Colombo si atteggia a direttore di una piccola parata civica, la gente rimane lì, in piedi, senza sapere se ridere o guardare per terra.
Il punto, però, non è l’inno in sé. È ciò che l’inno copre. Perché, mentre si impone il rito collettivo, il paese resta fermo sulle questioni fondamentali — quelle che richiederebbero meno orchestra e più lavoro, più concretezza e meno autocelebrazione.
Prendiamo la scuola. A Castano non si è perso un finanziamento da dieci lire o una burocrazia marginale. Si è perso un finanziamento di 500.000 euro destinato ai laboratori della primaria e secondaria di via Acerbi. Un’occasione enorme, un investimento già tracciato, che secondo l’ex sindaco Pignatiello è sfumato per mancanza di competenza e attenzione dell’attuale amministrazione. Mezzo milione volato via come niente, mentre nelle assemblee si ascolta un inno che non esiste da nessuna parte.
E non basta. Alla scuola superiore, di recente, è crollato il controsoffitto in un’aula. Non una tragedia per miracolo. La competenza dell’edificio è della Città Metropolitana di Milano, questo va detto. Ma il Comune, sapendo bene cosa significa un crollo del genere, avrebbe dovuto sollecitare, pretendere risposte, alzare la voce. Invece Castano ha assistito a comunicati schivi, risposte lente, scaricabarile. I soffitti cadono, ma l’inno si suona.
Poi c’è la vicenda grottesca del centro islamico. Una questione che avrebbe richiesto maturità istituzionale, prudenza politica, rispetto della comunità. È diventata invece una farsa, una sitcom di quart’ordine con polemiche, spifferi, accusine pubbliche e un rimpallo di responsabilità che sembrava scritto da un autore improvvisato. La narrazione intorno all’inaugurazione ha ricordato più un B-movie girato con 3.000 dollari che un processo di dialogo interreligioso degno di un’amministrazione adulta.
E che dire dell’iniziativa per i commercianti? In un mondo normale, valorizzare il tessuto commerciale significa lavorare con professionisti, sviluppare strategie, creare un’identità economica coerente. A Castano, invece, funziona così: se un negoziante vuole “visibilità”, compila un modulo. Dopo qualche giorno si vede arrivare in negozio l’intera giunta, più messo comunale, più staff vario, in quello che pare un documentario amatoriale — per girare un video da postare su Facebook. Non c’è un piano, non c’è un obiettivo, non c’è una strategia. C’è solo la passerella: la giunta come troupe, il sindaco come influencer e il negoziante come comparsa forzata. Che poi, se proprio volevi un video professionale, ci sono agenzie che fanno solo questo per lavoro. Ma qui no: qui si improvvisa.
E il polo logistico? Una bomba ambientale, urbanistica, sociale. Terreni agricoli compromessi, comitati sul piede di guerra, tensioni con Legambiente, mancanza di informazione trasparente. Una questione pesante, gigantesca, capace di cambiare per sempre il volto della città. Eppure la gestione della giunta Colombo è stata un pantano: reticenze, mezze spiegazioni, passi falsi, nessuna regia chiara. Si ascoltano più discussioni su Instagram che in consiglio comunale. Una scelta vista dalle opposizioni come “superficiale”, “poco competente”, “senza una visione”.
E mentre tutto questo si accumula — finanziamenti persi, scuole che crollano, tensioni etniche, passerelle ridicole, progetti urbanistici enormi lasciati senza guida — arriva puntuale, come un temporale in agosto, la bordata dell’ex sindaco Pignatiello: “Colombo, è ora che inizi a lavorare davvero.” Non è un attacco. È una constatazione.
La verità è che Castano Primo si ritrova con un’amministrazione più impegnata a mettere in scena che a mettere mano alle questioni reali. Si privilegia l’immagine, la cerimonia, il gesto simbolico — mentre gli atti amministrativi che contano procedono a singhiozzo o non procedono affatto. Si coltiva il personalismo, non la progettualità. Si gestisce la città come una scenografia, non come una responsabilità.
E allora la domanda finale non può che essere questa: Che cosa rimane davvero di un inno, di mille video, di trenta passerelle, se poi metà delle questioni cruciali della città restano aperte, e l’altra metà si disfa sotto il peso della superficialità? Castano Primo merita un’amministrazione che lavori. Non un sindaco che cerca il suo piccolo posto nel pantheon dei leader in miniatura.
Alla fine, la sensazione è sempre la stessa: un copione già visto, una trama riciclata, un vecchio nastro che continua a girare con attori che cambiano ma con la stessa, identica postura. Castano Primo non aveva bisogno dell’ennesima amministrazione innamorata della propria ombra, e invece eccoci qui, a fare i conti con un’altra giunta che confonde il potere con il palcoscenico, la politica con il riflettore, la gestione con la coreografia. E mentre il paese aspetta soluzioni, strategia, lucidità, ci ritroviamo con un inno non ufficiale (anche se forse qualche atto c’è), con passerelle imbarazzanti, con gaffe scolastiche, con tensioni gestite come una scenetta amatoriale, e con un polo logistico che avanza nonostante l’assenza di una linea chiara. Il tutto condito da una comunicazione che sembra voler mascherare ciò che manca davvero: il lavoro, quello vero, quello che non finisce in un video, quello che non produce applausi istantanei.
📌 Fonti e riferimenti
● Liberastampa – articolo sul finanziamento scolastico da 500.000 euro perso dalla giunta Colombo
● Liberastampa – articolo sulle critiche delle opposizioni dopo 18 mesi di amministrazione Colombo
● Ticinonotizie – notizia sul cedimento del controsoffitto alla scuola superiore di Castano Primo
● MalpensaNews – approfondimento sul progetto del polo logistico da 12 ettari e sul comitato cittadino
● Malpensa24 – resoconto delle polemiche politiche legate all’inaugurazione del centro islamico
● Discussioni e testimonianze raccolte nei gruppi cittadini di Castano Primo (aggregazione di dati social non strutturata)
✍️ Testo e analisi di Max Ramponi
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