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La violenza giovanile non nasce per caso: quando la famiglia smette di esserci

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 2 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min
PESTAGGIO MILANO
Per chi si fosse connesso solo ora: a Milano, nella notte tra il 12 e il 13 ottobre, un ragazzo di ventidue anni è stato pestato e accoltellato da cinque coetanei per cinquanta euro. Lo hanno colpito quando era già a terra, gli hanno inferto due coltellate e oggi rischia di rimanere paralizzato.

Questo è il punto di partenza, nudo e crudo, senza attenuanti e senza giri di parole. Tutto il resto arriva dopo. La violenza giovanile che abbiamo visto non è un concetto astratto né un’etichetta sociologica: è questo. Un corpo ferito in una strada qualunque. La violenza giovanile non esplode all’improvviso: è l’esito naturale di una lenta dissolvenza delle responsabilità. Non è la movida, non è la periferia, non è la baby gang.

È la famiglia che smette di essere un argine. Nessun adolescente nasce violento. Diventa violento dentro un vuoto: limiti evaporati, attenzioni distratte, educazione delegata a scuola, quartiere, social, caso. La violenza giovanile cresce esattamente lì, dove nessuno corregge, nessuno frena, nessuno riesce più a dire “no”. Il risultato è quello che si è visto: ragazzi che agiscono come se nulla avesse peso, come se la vita degli altri fosse un oggetto da spingere via col piede. E quando di fronte ai fatti la prima reazione delle famiglie è dichiararsi “devastate” sostenendo di essere “per bene”, si capisce quanto sia profonda la distanza tra l’immagine che si vuole mostrare e ciò che davvero succede tra quelle mura.


Non serve retorica. Serve realismo: se cinque ragazzi arrivano a questo, non è una meteora. È un percorso. E quel percorso parte da casa. Il resto – la politica che si accende, i paragoni col Bronx, le analisi da talk show – è rumore. Una società adulta dovrebbe sapere che la famiglia non è una questione privata: ogni falla interna diventa immediatamente un problema pubblico. Ogni vuoto educativo esce di casa e si infiltra nelle strade, nelle piazze, nelle notti di movida, negli ospedali. La violenza giovanile è solo il sintomo più evidente di un sistema che ha smesso di reggere. Oggi c’è un ragazzo che rischia di non camminare più. Non si può riscrivere quello che è accaduto. Ma si può almeno evitare di fingere sorpresa. La violenza giovanile è ciò che resta quando la famiglia abdica e la società guarda altrove.


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