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L'Europa che si è dimenticata di essere pacifica

  • Immagine del redattore: Max RAMPONI
    Max RAMPONI
  • 11 nov
  • Tempo di lettura: 3 min


RIARMO

La politica scellerata dell’Unione Europea sul riarmo


C’è un rumore nuovo a Bruxelles, un suono metallico che rimbalza tra i palazzi della Commissione Europea e le stanze del Parlamento: è il rumore del riarmo. L’Unione Europea, nata per costruire la pace dopo due guerre mondiali, oggi fabbrica munizioni in nome della “difesa comune”. Da “mai più” siamo passati a “non abbastanza presto”. L’Europa che si vantava di aver trasformato la guerra in dialogo ora la reinventa come politica industriale. “Autonomia strategica”, “sicurezza europea”, “resilienza difensiva”: formule eleganti per nascondere una verità banale — stiamo tornando ad armare l’Europa, e lo facciamo applaudendo.


Il Fondo Europeo per la Pace, paradosso vivente del linguaggio comunitario, finanzia armi e forniture militari per paesi “alleati”. È l’ossimoro perfetto: la pace che produce proiettili. L’Europa che un tempo investiva nell’Erasmus, nella ricerca e nel Green Deal oggi investe in proiettili da 155 mm e in linee di produzione militare. È la nuova economia del continente: la guerra come motore di crescita, la paura come incentivo fiscale.


La guerra in Ucraina è stata il detonatore. L’Europa ha scoperto che la paura unisce più dell’ideale. I governi, incapaci di costruire un’unione politica, si sono rifugiati nell’unione militare: un’alleanza cementata non dai valori, ma dagli arsenali. Così la Germania ha annunciato il più grande piano di riarmo dal 1945, la Francia spinge per una “forza europea autonoma” (ma sotto comando francese, ça va sans dire), e l’Italia, come sempre, si limita a firmare e sorridere.


Tutto questo si accompagna a una retorica impeccabile. “Difesa dei valori europei”, “protezione dei cittadini”, “stabilità continentale”. Ma dietro le parole si muovono miliardi. Le grandi industrie della difesa — Airbus, Leonardo, Rheinmetall, Thales — registrano utili record. Gli stessi governi che tagliano sulla sanità e sulla scuola, investono con entusiasmo nella produzione di missili. È la nuova moralità del continente: si salva ciò che si può vendere.


Il linguaggio della politica europea sul riarmo è diventato una lingua separata, fatta di eufemismi, tecnicismi e sigle incomprensibili. “PESCO”, “EDIRPA”, “EUDIS”: sigle da manuale di contabilità della guerra. Ma la sostanza è chiara — l’Europa non difende più la pace, difende il proprio mercato. Ogni paese spende di più, non per convinzione ma per paura di restare indietro. E la paura, come sempre, è un ottimo carburante economico.


Il vero problema è che questa trasformazione non è temporanea. Una volta costruita, l’industria delle armi non si smonta. Le fabbriche di missili non chiudono quando la pace torna: aspettano la prossima crisi. E la politica, che ha scoperto quanto sia comodo governare attraverso la minaccia, non rinuncerà facilmente a questa narrativa. Così la guerra diventa permanente: non esplode, ma ronza in sottofondo. È il sottofondo sonoro dell’Europa moderna — acciaio, paura e comunicati stampa.


L’Unione Europea, quella che nel 2012 ricevette il Nobel per la Pace, oggi rischia di meritare un premio per la coerenza al contrario. La pace è diventata una parola di marketing, un’etichetta da applicare a ogni progetto d’armamento. L’Europa non vuole difendersi: vuole contare. E per contare nel mondo di oggi, devi avere un esercito, non un ideale. È così che l’Unione nata per superare i nazionalismi finisce per alimentarli di nuovo, solo con logo blu e dodici stelle.


Dietro ogni discussione sui “valori comuni” si nasconde un vecchio riflesso: quello del continente che confonde la sicurezza con la forza, la dignità con il potere, la responsabilità con il controllo. La politica scellerata del riarmo UE non è una strategia di sopravvivenza: è un fallimento culturale. Significa rinunciare alla propria memoria per inseguire la logica del mercato delle armi.


L’Europa dei diritti è diventata l’Europa dei droni. L’Europa della solidarietà, l’Europa dei contratti di fornitura. L’Europa dei popoli, quella dei budget militari. È un ribaltamento simbolico e morale che nessun discorso potrà giustificare. Abbiamo trasformato il “mai più” in un “forse ancora, ma meglio equipaggiati”.

📌 Fonti e link utili articolo: L'Europa che si è dimenticata di essere pacifica

  • European Defence Agency – Defence Data 2024 (EDA, 2024)

  • Fondo Europeo per la Pace – Consiglio dell’Unione Europea (2023)

  • The Economist – Europe’s rush to rearm (2024)

  • Le Monde – L’Union européenne et la tentation du réarmement (2023)

  • Politico Europe – EU’s defense awakening: between autonomy and NATO dependency (2024)

✍️ Testo e analisi di Max Ramponi

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